Introduzione: differenze tra le versioni
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<p style="margin-bottom: 8px;">L'enciclopedia clinica dedicata alla <b>riabilitazione masticatoria</b> ti invita a proporre articoli sui seguenti temi chiave per rimanere aderente alla 'Mission' filosofico scientifica di Masticationpedia:</p> | <p style="margin-bottom: 8px;">L'enciclopedia clinica dedicata alla <b>riabilitazione masticatoria</b> ti invita a proporre articoli sui seguenti temi chiave per rimanere aderente alla 'Mission' filosofico scientifica di Masticationpedia:</p> | ||
* | * sistema masticatorio | ||
* | * nuovo paradigma | ||
* | * dinamiche neuromuscolari | ||
* | * recidive | ||
* | * scienza della complessità | ||
* Casi clinici complessi | * Casi clinici complessi | ||
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Tali ambiguità, invece di indebolire l’intero edificio epistemologico, sono il sintomo di un sistema maturo, capace di riconoscere i propri limiti e di cercare un'evoluzione di paradigma, come descritto da Thomas Kuhn nella sua celebre teoria sullo sviluppo della scienza. | Tali ambiguità, invece di indebolire l’intero edificio epistemologico, sono il sintomo di un sistema maturo, capace di riconoscere i propri limiti e di cercare un'evoluzione di paradigma, come descritto da Thomas Kuhn nella sua celebre teoria sullo sviluppo della scienza. | ||
==== | ====Le fasi di Kuhn in Odontoiatria==== | ||
Thomas Kuhn identifica cinque fasi distinte nell’evoluzione di un paradigma scientifico. In Masticationpedia, ci focalizzeremo sulle tre più rilevanti, che meglio si adattano all’evoluzione della scienza riabilitativa masticatoria. | Thomas Kuhn identifica cinque fasi distinte nell’evoluzione di un paradigma scientifico. In Masticationpedia, ci focalizzeremo sulle tre più rilevanti, che meglio si adattano all’evoluzione della scienza riabilitativa masticatoria. | ||
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}}</ref>|<small>📌 Nell’edizione di marzo di Nature, oltre 800 scienziati hanno sottoscritto un commento in cui si chiede il ritiro del termine “significatività statistica” [1]. Gli argomenti principali degli autori riguardano il fatto che la letteratura scientifica è piena di interpretazioni errate e potenzialmente dannose di associazioni basate su una classificazione arbitraria e binaria, fondata su un valore di p pari a 0,05. Gli autori illustrano le criticità di questo approccio, fornendo esempi concreti in cui ha portato a conclusioni errate all'interno e tra diversi studi. 🧠 Inoltre, analizzando 791 articoli pubblicati in cinque riviste accademiche, hanno rilevato che il 51% di essi ha interpretato erroneamente un risultato statisticamente non significativo come indicazione dell’assenza di un effetto.</small>}} Questa "rivoluzione silenziosa" nel campo dell'inferenza statistica promuove un approccio più riflessivo, contestuale e scientificamente onesto. Tra le voci più autorevoli in questo dibattito troviamo: | }}</ref>|<small>📌 Nell’edizione di marzo di Nature, oltre 800 scienziati hanno sottoscritto un commento in cui si chiede il ritiro del termine “significatività statistica” [1]. Gli argomenti principali degli autori riguardano il fatto che la letteratura scientifica è piena di interpretazioni errate e potenzialmente dannose di associazioni basate su una classificazione arbitraria e binaria, fondata su un valore di p pari a 0,05. Gli autori illustrano le criticità di questo approccio, fornendo esempi concreti in cui ha portato a conclusioni errate all'interno e tra diversi studi. 🧠 Inoltre, analizzando 791 articoli pubblicati in cinque riviste accademiche, hanno rilevato che il 51% di essi ha interpretato erroneamente un risultato statisticamente non significativo come indicazione dell’assenza di un effetto.</small>}} Questa "rivoluzione silenziosa" nel campo dell'inferenza statistica promuove un approccio più riflessivo, contestuale e scientificamente onesto. Tra le voci più autorevoli in questo dibattito troviamo: | ||
* Rodgers JL – che parla di una “rivoluzione metodologica silenziosa”{{Tooltip|<sup>[10]</sup>|<ref>{{cita libro|autore=Rodgers JL|titolo=The epistemology of mathematical and statistical modeling: a quiet methodological revolution|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20063905|opera=Am Psychol|anno=2010|DOI=10.1037/a0018326</ref>|<small>📌 Negli ultimi decenni si è verificata, quasi senza discussione, una silenziosa rivoluzione metodologica: una rivoluzione della modellizzazione. Al contrario, il XX secolo si è concluso con vivaci dibattiti sull’utilità del test di significatività dell'ipotesi nulla (NHST). Tuttavia, tale controversia potrebbe essere stata almeno in parte irrilevante, poiché in diversi modi la rivoluzione della modellizzazione ha reso superfluo il dibattito sull’NHST. Inizio presentando una storia dell’NHST e della modellizzazione, e delle relazioni tra i due. Successivamente, definisco e illustro i principi che guidano lo sviluppo e la valutazione dei modelli matematici. Segue una discussione sulla differenza tra l’uso di procedure statistiche in un quadro basato su regole e la costruzione di modelli matematici all'interno di un'epistemologia scientifica. 🧠 Nella formazione post-laurea in psicologia viene trattato con attenzione quasi esclusivamente il primo approccio, basato sulle regole. Vengono quindi descritte le implicazioni pedagogiche di questo squilibrio e la necessità di una didattica rivista per tener conto della rivoluzione della modellizzazione. Infine, si discute di come l'attenzione alla modellizzazione comporti un'evoluzione della pratica statistica in direzioni più progressiste. La base epistemologica della statistica si è spostata: da un insieme di procedure applicate in modo meccanico alla costruzione e valutazione di modelli statistici e scientifici.</small>|}} | * Rodgers JL – che parla di una “rivoluzione metodologica silenziosa”{{Tooltip|<sup>[10]</sup>|<ref>{{cita libro|autore=Rodgers JL|titolo=The epistemology of mathematical and statistical modeling: a quiet methodological revolution|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20063905|opera=Am Psychol|anno=2010|DOI=10.1037/a0018326}}</ref>|<small>📌 Negli ultimi decenni si è verificata, quasi senza discussione, una silenziosa rivoluzione metodologica: una rivoluzione della modellizzazione. Al contrario, il XX secolo si è concluso con vivaci dibattiti sull’utilità del test di significatività dell'ipotesi nulla (NHST). Tuttavia, tale controversia potrebbe essere stata almeno in parte irrilevante, poiché in diversi modi la rivoluzione della modellizzazione ha reso superfluo il dibattito sull’NHST. Inizio presentando una storia dell’NHST e della modellizzazione, e delle relazioni tra i due. Successivamente, definisco e illustro i principi che guidano lo sviluppo e la valutazione dei modelli matematici. Segue una discussione sulla differenza tra l’uso di procedure statistiche in un quadro basato su regole e la costruzione di modelli matematici all'interno di un'epistemologia scientifica. 🧠 Nella formazione post-laurea in psicologia viene trattato con attenzione quasi esclusivamente il primo approccio, basato sulle regole. Vengono quindi descritte le implicazioni pedagogiche di questo squilibrio e la necessità di una didattica rivista per tener conto della rivoluzione della modellizzazione. Infine, si discute di come l'attenzione alla modellizzazione comporti un'evoluzione della pratica statistica in direzioni più progressiste. La base epistemologica della statistica si è spostata: da un insieme di procedure applicate in modo meccanico alla costruzione e valutazione di modelli statistici e scientifici.</small>|}} | ||
* Meehl P – che suggerisce di sostituire i test di significatività con 'intervalli di confidenza' e 'predizioni numeriche verificabili'{{Tooltip|<sup>[11]</sup>|<ref>{{cita libro | * Meehl P – che suggerisce di sostituire i test di significatività con 'intervalli di confidenza' e 'predizioni numeriche verificabili'{{Tooltip|<sup>[11]</sup>|<ref>{{cita libro | ||
| autore = Meehl P | | autore = Meehl P | ||
| titolo = The problem is epistemology, not statistics: replace significance tests by confidence intervals and quantify accuracy of risky numerical predictions | | titolo = The problem is epistemology, not statistics: replace significance tests by confidence intervals and quantify accuracy of risky numerical predictions | ||
| anno = 1997 | | anno = 1997}}</ref>|<small>📌 I test di significatività hanno un ruolo nella ricerca nelle scienze sociali, ma il loro uso diffuso nella valutazione delle teorie è spesso dannoso. La causa di ciò non risiede nella matematica in sé, bensì nella scarsa comprensione, da parte degli scienziati sociali, della relazione logica tra teoria e fatti, cioè in una mancanza di chiarezza metodologica o epistemologica.🧭 Le teorie implicano osservazioni, ma non vale il contrario. Sebbene il successo di una teoria nel derivare un fatto tenda a corroborarla, questa conferma è debole a meno che il fatto non abbia una probabilità a priori molto bassa e vi siano poche teorie alternative plausibili. 🧭 Il rilevamento di una differenza o correlazione diversa da zero — come avviene respingendo l'ipotesi nulla — non ha generalmente una probabilità a priori molto bassa, poiché nelle scienze sociali praticamente tutto è correlato con tutto il resto, indipendentemente dalla teoria. 🎯 Nel "forte" utilizzo dei test di significatività, la teoria predice un valore numerico puntuale, o un intervallo molto ristretto, per cui il test pone la teoria di fronte a un serio rischio di falsificazione se essa fosse oggettivamente scorretta. In generale, è preferibile costruire un intervallo di confidenza, che fornisce informazioni più ricche e implica comunque la confutazione dell'ipotesi nulla se una differenza cade al di fuori dell'intervallo. 🧠 I test di significatività risultano di solito più giustificabili in contesti tecnologici (ad esempio nella valutazione di un intervento) piuttosto che nella valutazione di teorie. Sarebbe utile disporre di un indice quantitativo che misuri quanto accuratamente una teoria riesca a prevedere un fatto rischioso, e viene proposto un esempio di tale indice. Diversamente dalle pratiche attuali più diffuse, i manuali e i corsi di statistica dovrebbero chiarire e sottolineare il grande divario semantico (logico) che separa una teoria sostanziale (causale, composizionale) da un'ipotesi statistica.</small>|}} | ||
</ref>|<small>📌 I test di significatività hanno un ruolo nella ricerca nelle scienze sociali, ma il loro uso diffuso nella valutazione delle teorie è spesso dannoso. La causa di ciò non risiede nella matematica in sé, bensì nella scarsa comprensione, da parte degli scienziati sociali, della relazione logica tra teoria e fatti, cioè in una mancanza di chiarezza metodologica o epistemologica.🧭 Le teorie implicano osservazioni, ma non vale il contrario. Sebbene il successo di una teoria nel derivare un fatto tenda a corroborarla, questa conferma è debole a meno che il fatto non abbia una probabilità a priori molto bassa e vi siano poche teorie alternative plausibili. 🧭 Il rilevamento di una differenza o correlazione diversa da zero — come avviene respingendo l'ipotesi nulla — non ha generalmente una probabilità a priori molto bassa, poiché nelle scienze sociali praticamente tutto è correlato con tutto il resto, indipendentemente dalla teoria. 🎯 Nel "forte" utilizzo dei test di significatività, la teoria predice un valore numerico puntuale, o un intervallo molto ristretto, per cui il test pone la teoria di fronte a un serio rischio di falsificazione se essa fosse oggettivamente scorretta. In generale, è preferibile costruire un intervallo di confidenza, che fornisce informazioni più ricche e implica comunque la confutazione dell'ipotesi nulla se una differenza cade al di fuori dell'intervallo. 🧠 I test di significatività risultano di solito più giustificabili in contesti tecnologici (ad esempio nella valutazione di un intervento) piuttosto che nella valutazione di teorie. Sarebbe utile disporre di un indice quantitativo che misuri quanto accuratamente una teoria riesca a prevedere un fatto rischioso, e viene proposto un esempio di tale indice. Diversamente dalle pratiche attuali più diffuse, i manuali e i corsi di statistica dovrebbero chiarire e sottolineare il grande divario semantico (logico) che separa una teoria sostanziale (causale, composizionale) da un'ipotesi statistica.</small>|}} | |||
* Sprenger & Hartmann – promotori della 'filosofia Bayesiana della scienza'{{Tooltip|<sup>[12]</sup>|<ref>{{cita libro | * Sprenger & Hartmann – promotori della 'filosofia Bayesiana della scienza'{{Tooltip|<sup>[12]</sup>|<ref>{{cita libro | ||
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Queste due aree corticali, pur distinte per funzione, sono profondamente interconnesse: la face-MI riceve input continui dalla face-SI, e insieme formano il cosiddetto “face sensorimotor cortex”{{Tooltip|<sup>[24]</sup>|<ref>Iwata K, Sessle BJ. Neural Basis of Orofacial Functions in Health and Disease. J Dent Res. 2019;98(11):1185–1195. doi:10.1177/0022034519865372</ref>|<small>🧠 Questo articolo fornisce una panoramica dei meccanismi neurali coinvolti nelle funzioni somatosensoriali e motorie del viso e della bocca e, in misura più limitata, della faringe e della laringe. L’attenzione è rivolta in particolare alla base neurale del tatto, della temperatura e del dolore orofacciale, con un’enfasi speciale sul dolore, poiché esso è comune nella pelle, nei denti, nei muscoli, nelle articolazioni e in altri tessuti della regione orofacciale, e può provocare sofferenze a lungo termine attraverso diversi stati o sindromi dolorose. Viene inoltre posta particolare attenzione ai processi neurali che regolano i numerosi riflessi e le altre funzioni motorie dell’area orofacciale, in particolare quelli legati alla masticazione, alla deglutizione e alle funzioni neuromuscolari associate. Solo pochi dettagli sono dedicati ad altre importanti funzioni del viso e della bocca, come l’olfatto, il gusto e il linguaggio.</small>}} La loro attività integrata è mediata da circuiti centrali complessi, che comprendono proiezioni cortico-bulbari dirette ai nuclei motori dei nervi cranici (in primis il nucleo del trigemino), responsabili dell’attivazione muscolare mandibolare. | Queste due aree corticali, pur distinte per funzione, sono profondamente interconnesse: la face-MI riceve input continui dalla face-SI, e insieme formano il cosiddetto “face sensorimotor cortex”{{Tooltip|<sup>[24]</sup>|<ref>Iwata K, Sessle BJ. Neural Basis of Orofacial Functions in Health and Disease. J Dent Res. 2019;98(11):1185–1195. doi:10.1177/0022034519865372</ref>|<small>🧠 Questo articolo fornisce una panoramica dei meccanismi neurali coinvolti nelle funzioni somatosensoriali e motorie del viso e della bocca e, in misura più limitata, della faringe e della laringe. L’attenzione è rivolta in particolare alla base neurale del tatto, della temperatura e del dolore orofacciale, con un’enfasi speciale sul dolore, poiché esso è comune nella pelle, nei denti, nei muscoli, nelle articolazioni e in altri tessuti della regione orofacciale, e può provocare sofferenze a lungo termine attraverso diversi stati o sindromi dolorose. Viene inoltre posta particolare attenzione ai processi neurali che regolano i numerosi riflessi e le altre funzioni motorie dell’area orofacciale, in particolare quelli legati alla masticazione, alla deglutizione e alle funzioni neuromuscolari associate. Solo pochi dettagli sono dedicati ad altre importanti funzioni del viso e della bocca, come l’olfatto, il gusto e il linguaggio.</small>}} La loro attività integrata è mediata da circuiti centrali complessi, che comprendono proiezioni cortico-bulbari dirette ai nuclei motori dei nervi cranici (in primis il nucleo del trigemino), responsabili dell’attivazione muscolare mandibolare. | ||
La capacità di queste aree di subire riorganizzazione plastica (neuroplasticità) rappresenta un meccanismo fondamentale con cui il sistema nervoso si adatta a modifiche periferiche—come la perdita dentale, traumi, o l’introduzione di protesi—nonché a stimolazioni sensoriali e all’apprendimento di nuove abilità motorie {{Tooltip|<sup>[25]</sup>|<ref>Review Prog Brain Res. 2011:188:71-82. doi: 10.1016/B978-0-444-53825-3.00010-3. Chapter 5--face sensorimotor cortex: its role and neuroplasticity in the control of orofacial movements. Barry J Sessle , PMID: 21333803 DOI: 10.1016/B978-0-444-53825-3.00010-3</ref>.}}<blockquote>Alla luce di questi dati, è evidente che le alterazioni della morfologia cranio-facciale e occlusale—tradizionalmente interpretate attraverso modelli biomeccanici statici—devono invece essere comprese in un’ottica funzionale dinamica. La valutazione clinica del paziente non può quindi prescindere da un’integrazione tra morfologia, funzione e risposta neurofisiologica. Non ogni "malocclusione" richiede trattamento, così come non ogni "occlusione ideale" garantisce benessere funzionale.</blockquote>In sintesi, la neuroplasticità trigeminale emerge come la chiave per comprendere l’adattamento (o la mancata adattabilità) a modifiche occlusali. Essa deve guidare sia la diagnosi che le strategie terapeutiche, ispirando protocolli riabilitativi realmente personalizzati. I trattamenti OrthoNeuroGnathodontici e non solo, in quanto fondati su questa visione sistemica, rappresentano il modello clinico più avanzato e coerente per affrontare le sfide dell’odontoiatria moderna. | La capacità di queste aree di subire riorganizzazione plastica (neuroplasticità) rappresenta un meccanismo fondamentale con cui il sistema nervoso si adatta a modifiche periferiche—come la perdita dentale, traumi, o l’introduzione di protesi—nonché a stimolazioni sensoriali e all’apprendimento di nuove abilità motorie {{Tooltip|<sup>[25]</sup>|<ref>Review Prog Brain Res. 2011:188:71-82. doi: 10.1016/B978-0-444-53825-3.00010-3. Chapter 5--face sensorimotor cortex: its role and neuroplasticity in the control of orofacial movements. Barry J Sessle , PMID: 21333803 DOI: 10.1016/B978-0-444-53825-3.00010-3</ref>.|<Small>La gamma e la complessità dei movimenti orofacciali richiedono circuiti neurali sofisticati che provvedano al coordinamento e al controllo di questi movimenti e alla loro integrazione con altri schemi motori come quelli associati alla respirazione e alla deambulazione. Questo capitolo è dedicato a Jim Lund, i cui numerosi studi hanno apportato importanti contributi alla nostra conoscenza del ruolo del tronco encefalico e della corteccia cerebrale nel controllo motorio orofacciale. Le nostre ricerche con microstimolazione intracorticale (ICMS), blocco freddo corticale e registrazioni di singoli neuroni hanno documentato che l'area motoria primaria (MI) del volto e l'area somatosensoriale primaria (SI) sono coinvolte nel controllo non solo dei movimenti orofacciali elementari e appresi, ma anche dei cosiddetti movimenti semiautomatici come la masticazione e la deglutizione, il cui controllo è stato ampiamente attribuito in passato a meccanismi del tronco encefalico. Studi recenti hanno inoltre documentato che la neuroplasticità della corteccia sensomotoria del volto è una caratteristica di esseri umani e animali addestrati in un nuovo comportamento motorio orale e che riflette eventi dinamici e adattivi che possono essere modellati da esperienze comportamentali significative, tra cui dolore e altre alterazioni dell'ambiente orale. Inoltre, i nostri risultati sugli effetti dirompenti del blocco a freddo della corteccia sensomotoria facciale indicano che anche l'MI e l'SI facciale sono fondamentali per l'esecuzione efficace di un'abilità motoria orofacciale una volta appresa. Studi futuri volti a dimostrare ulteriormente tali cambiamenti, ai loro meccanismi sottostanti e alla loro sequenza di comparsa nella corteccia sensomotoria facciale e nelle aree corticali associate, rappresentano passaggi cruciali per la comprensione dei processi intracorticali alla base della neuroplasticità correlata all'apprendimento e all'adattamento motorio orale. Alla luce del ruolo che gli insiemi neuronali corticali svolgono nell'esecuzione, nell'apprendimento e nell'adattamento motorio (Nicolelis e Lebedev, 2009), questi studi dovrebbero includere le proprietà e la plasticità degli insiemi neuronali in diverse aree corticali correlate, oltre a un'attenzione specifica ai singoli neuroni o alle microzone efferenti all'interno dell'MI o dell'SI facciale. Come recentemente osservato (Martin, 2009; Sessle et al., 2007, 2009), tali approcci di ricerca sono importanti anche per sviluppare strategie riabilitative migliorate per sfruttare questi meccanismi negli esseri umani che soffrono di dolore orofacciale cronico o disturbi sensomotori.</Small>}}<blockquote>Alla luce di questi dati, è evidente che le alterazioni della morfologia cranio-facciale e occlusale—tradizionalmente interpretate attraverso modelli biomeccanici statici—devono invece essere comprese in un’ottica funzionale dinamica. La valutazione clinica del paziente non può quindi prescindere da un’integrazione tra morfologia, funzione e risposta neurofisiologica. Non ogni "malocclusione" richiede trattamento, così come non ogni "occlusione ideale" garantisce benessere funzionale.</blockquote>In sintesi, la neuroplasticità trigeminale emerge come la chiave per comprendere l’adattamento (o la mancata adattabilità) a modifiche occlusali. Essa deve guidare sia la diagnosi che le strategie terapeutiche, ispirando protocolli riabilitativi realmente personalizzati. I trattamenti OrthoNeuroGnathodontici e non solo, in quanto fondati su questa visione sistemica, rappresentano il modello clinico più avanzato e coerente per affrontare le sfide dell’odontoiatria moderna. | ||
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Analogamente, '''Eric Cassell''' ha mostrato che il concetto di malattia non può essere ridotto né a una disfunzione biologica né a una mera deviazione statistica: è piuttosto il risultato di una negoziazione semantica tra paziente, clinico e contesto culturale.{{Tooltip|<sup>[31]</sup>|<ref>Cassell EJ. "The Nature of Suffering and the Goals of Medicine." ''The New England Journal of Medicine'', 1982. doi:10.1056/NEJM198203183061204.</ref>|<small>🧠 La questione della sofferenza e la sua relazione con le malattie organiche sono state raramente affrontate nella letteratura medica. Questo articolo offre una descrizione della natura e delle cause della sofferenza nei pazienti sottoposti a trattamento medico. Viene fatta una distinzione, basata su osservazioni cliniche, tra sofferenza e disagio fisico. La sofferenza è sperimentata dalle persone, non solo dai corpi, e ha origine da sfide che minacciano l'integrità della persona come entità sociale e psicologica complessa. La sofferenza può includere il dolore fisico, ma non si limita a esso. Il sollievo dalla sofferenza e la cura della malattia devono essere considerati come due doveri complementari di una professione medica che si dedica veramente alla cura del malato. L'incapacità dei medici di comprendere la natura della sofferenza può portare a un intervento medico che (sebbene tecnicamente adeguato) non solo non riesce ad alleviare la sofferenza, ma diventa esso stesso fonte di sofferenza</small>}} | Analogamente, '''Eric Cassell''' ha mostrato che il concetto di malattia non può essere ridotto né a una disfunzione biologica né a una mera deviazione statistica: è piuttosto il risultato di una negoziazione semantica tra paziente, clinico e contesto culturale.{{Tooltip|<sup>[31]</sup>|<ref>Cassell EJ. "The Nature of Suffering and the Goals of Medicine." ''The New England Journal of Medicine'', 1982. doi:10.1056/NEJM198203183061204.</ref>|<small>🧠 La questione della sofferenza e la sua relazione con le malattie organiche sono state raramente affrontate nella letteratura medica. Questo articolo offre una descrizione della natura e delle cause della sofferenza nei pazienti sottoposti a trattamento medico. Viene fatta una distinzione, basata su osservazioni cliniche, tra sofferenza e disagio fisico. La sofferenza è sperimentata dalle persone, non solo dai corpi, e ha origine da sfide che minacciano l'integrità della persona come entità sociale e psicologica complessa. La sofferenza può includere il dolore fisico, ma non si limita a esso. Il sollievo dalla sofferenza e la cura della malattia devono essere considerati come due doveri complementari di una professione medica che si dedica veramente alla cura del malato. L'incapacità dei medici di comprendere la natura della sofferenza può portare a un intervento medico che (sebbene tecnicamente adeguato) non solo non riesce ad alleviare la sofferenza, ma diventa esso stesso fonte di sofferenza</small>}} | ||
Infine, il modello biopsicosociale di '''George Engel''' propone di interpretare ogni evento clinico all’interno di una rete multilivello di significati—biologici, psicologici, sociali e semantici—anticipando quella visione sistemica e complessa oggi al centro della medicina contemporanea.{{Tooltip|<sup>[32]|<ref>Engel GL. "The need for a new medical model: a challenge for biomedicine." ''Science'', 1977;196(4286):129–136. doi:10.1126/science.847460.</ref>}} | Infine, il modello biopsicosociale di '''George Engel''' propone di interpretare ogni evento clinico all’interno di una rete multilivello di significati—biologici, psicologici, sociali e semantici—anticipando quella visione sistemica e complessa oggi al centro della medicina contemporanea.{{Tooltip|<sup>[32]</Sup>|<ref>Engel GL. "The need for a new medical model: a challenge for biomedicine." ''Science'', 1977;196(4286):129–136. doi:10.1126/science.847460.</ref>|<Small> Il modello dominante di malattia oggi è biomedico e non lascia spazio alle dimensioni sociali, psicologiche e comportamentali della malattia. Viene proposto un modello biopsicosociale che fornisce un modello per la ricerca, un quadro di riferimento per la didattica e un modello di intervento nel mondo reale dell'assistenza sanitaria.</Small>}} | ||
{{q2|Dunque, solo dopo aver chiarito la natura ''meta-linguistica'' e ''meta-concettuale'' dei termini che utilizziamo, potremo affrontare in modo coerente e produttivo la sfida teorica e clinica dei sistemi complessi in medicina.}} | {{q2|Dunque, solo dopo aver chiarito la natura ''meta-linguistica'' e ''meta-concettuale'' dei termini che utilizziamo, potremo affrontare in modo coerente e produttivo la sfida teorica e clinica dei sistemi complessi in medicina.}} |
Versione attuale delle 22:46, 2 mag 2025
Introduzione
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Article by: Gianni Frisardi
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Abstract
Il sistema masticatorio, che comprende denti, occlusione, muscoli, articolazioni e sistema nervoso centrale e periferico, è sempre più compreso come un sistema complesso piuttosto che come un semplice meccanismo biomeccanico. Questo cambiamento di prospettiva si allinea alle fasi dei cambiamenti di paradigma di Thomas Kuhn, dove le anomalie nei modelli tradizionali innescano la ricerca di nuovi paradigmi. Nel contesto di Masticationpedia, emerge un nuovo approccio interdisciplinare alla diagnosi e al trattamento della malocclusione, concentrandosi su "Dismorfismi Occlusali" piuttosto che su "Malocclusioni". Recenti progressi nei test elettrofisiologici, come i potenziali evocati motori e i riflessi mandibolari, rivelano una simmetria funzionale nel sistema masticatorio, anche in pazienti con discrepanze occlusali. Questa scoperta sfida la comprensione tradizionale della malocclusione, suggerendo che le dinamiche neuromuscolari giocano un ruolo cruciale nel mantenimento della funzione masticatoria. Di conseguenza, sono necessarie diagnosi interdisciplinari che considerino sia i fattori occlusali che quelli neuromuscolari per una diagnosi accurata e un trattamento efficace.
Questo cambiamento di paradigma ha implicazioni per le attuali terapie riabilitative, tra cui ortodonzia e protesi, che si sono tradizionalmente concentrate sul raggiungimento della stabilità occlusale. Tuttavia, considerare il sistema masticatorio come un sistema complesso richiede un approccio integrativo che incorpora sia fattori estetici che neurofisiologici per prevenire le recidive ed ottenere una stabilità funzionale a lungo termine. Il campo emergente dei trattamenti OrthoNeuroGnathodontici esemplifica questo approccio interdisciplinare, offrendo strategie innovative per affrontare i disturbi masticatori.
Guardando il sistema masticatorio attraverso la lente della scienza della complessità, il campo dell'odontoiatria può ampliare la propria comprensione della stabilità e della disfunzione occlusale, portando infine a nuovi paradigmi di trattamento che migliorano i risultati per i pazienti. Questo nuovo modello non sostituisce i trattamenti tradizionali, ma cerca di arricchirli con una prospettiva interdisciplinare più ampia, in linea con l'evoluzione della scienza della riabilitazione masticatoria.
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L'enciclopedia clinica dedicata alla riabilitazione masticatoria ti invita a proporre articoli sui seguenti temi chiave per rimanere aderente alla 'Mission' filosofico scientifica di Masticationpedia:
- sistema masticatorio
- nuovo paradigma
- dinamiche neuromuscolari
- recidive
- scienza della complessità
- Casi clinici complessi
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Ab ovo [1][1]
Latino per 'sin dall'inizio'
Prima di addentrarci nell'analisi di Masticationpedia, dobbiamo prima introdurre alcune considerazioni preliminari, in particolare riguardo a due dimensioni fondamentali—sociale e scientifico-clinica—che caratterizzano sia l'era attuale che quella immediatamente precedente.
Le fasi del cambiamento di paradigma secondo Thomas Kuhn
Negli ultimi cento anni, le innovazioni tecnologiche e metodologiche [2][2]
🧪 Studio trasversale che analizza le innovazioni odontoiatriche degli ultimi 30 anni, identificando quelle che secondo i dentisti praticanti hanno maggiormente influenzato la cura del paziente. 🧬 Trenta esperti dell’Associazione Internazionale per la Ricerca Odontoiatrica hanno selezionato le innovazioni più rilevanti, poi sottoposte tramite questionario a dentisti statunitensi laureati prima del 1995 e attivi clinicamente per oltre il 50% del tempo. 🧩 Le innovazioni più citate sono risultate materiali adesivi (74,5%), impianti dentali (71,9%), bonding diretto (71,2%), lenti ingrandenti (54,7%), precauzioni universali per il controllo delle infezioni (48,6%) e imaging digitale (46,0%), con differenze tra generalisti e specialisti: i chirurghi orali e parodontologi (OMSPER) hanno privilegiato anche CBCT (74%) e tecniche rigenerative (68%). Il consenso generale riguarda l’importanza di impianti, imaging, lenti e precauzioni universali; i generalisti valorizzano materiali adesivi e bonding, mentre gli specialisti citano CBCT e ingegneria tissutale. 📌 Lo studio conclude che le innovazioni con impatto clinico diretto sono percepite come le più determinanti, suggerendo che la futura ricerca consideri anche l’efficacia dei costi e la percezione dei pazienti. sono aumentate esponenzialmente, sanche in odontoiatria. Questi sviluppi hanno avuto un impatto significativo sulla presa di decisione clinica, le scuole di pensiero e i principi fondamentali della disciplina, con l’esplicito obiettivo di migliorare la qualità della vita. Un esempio emblematico è rappresentato dalla visione proposta nella "Scienza dell’Esposizione nel XXI Secolo"[3][3]
Il documento Exposure Science in the 21st Century: A Vision and a Strategy (2012) della National Academy of Sciences propone una visione rinnovata della scienza dell’esposizione, con l’obiettivo di affrontare le sfide emergenti per la salute umana e ambientale. 🧠 Cos’è la scienza dell’esposizione? La scienza dell’esposizione studia il contatto tra esseri umani o altri organismi e agenti ambientali (chimici, fisici o biologici), analizzando la durata, l’intensità e gli effetti di tali esposizioni. Questa disciplina è fondamentale per comprendere come gli stressori ambientali influenzino la salute e per sviluppare strategie di prevenzione e mitigazione. 🌐 La visione proposta: l’“eco-exposome” Il concetto di “eco-exposome” estende la scienza dell’esposizione dal punto di contatto tra stressore e recettore all’interno dell’organismo e all’ambiente circostante, inclusa l’ecosphera. 🔬 Innovazioni tecnologiche e collaborazioni strategiche: Il documento evidenzia i progressi tecnologici, come sensori ambientali avanzati, metodi analitici, tecnologie molecolari e strumenti computazionali, che offrono nuove opportunità per raccogliere dati più accurati e completi sulle esposizioni.Accademie Nazionali. 🛠️ Implementazione della visione: Per realizzare questa visione, è necessario: Sviluppare metodi standardizzati e non mirati per raccogliere informazioni sulle esposizioniAccademie Nazionali. 🎯 Obiettivi a lungo termine: L’obiettivo finale è utilizzare la scienza dell’esposizione per: Valutare e mitigare rapidamente le esposizioni a minacce emergenti. 📌 In sintesi, il documento propone una trasformazione della scienza dell’esposizione, passando da un approccio focalizzato su singoli stressori a una visione integrata e olistica, per affrontare le sfide ambientali e sanitarie del XXI secolo.
Tuttavia, questa crescita accelerata non è priva di effetti collaterali concettuali. Alcuni di questi effetti possono risultare ambigui, se non addirittura contrari all’apparente progresso, e generano paradossi clinici e scientifici.[4][4]
Gli anticorpi monoclonali (MAbs) hanno inaugurato una nuova era di terapie mirate, in particolare nei campi dell’immunoterapia e dell’oncologia. I MAbs sono stati sviluppati da anticorpi murini fino ad arrivare ad anticorpi completamente umani, con significativi miglioramenti in termini di immunogenicità e sicurezza. Tuttavia, la sicurezza di questi agenti è oggetto di particolare attenzione, con la segnalazione di effetti collaterali associati al loro utilizzo. Questi effetti collaterali hanno fatto vacillare la fiducia di molti ricercatori nei confronti dei MAbs. 🧠 Questa revisione riassume in modo completo gli effetti collaterali dei MAbs in uso clinico, evidenziando la prevenzione e la gestione delle reazioni avverse. Sebbene molti MAbs siano ben tollerati, e nonostante vengano continuamente sviluppati nuovi MAbs, è difficile garantire che ogni nuova formulazione sia completamente sicura. L’uso clinico dei MAbs dovrà affrontare sfide sempre maggiori in futuro. I medici dovrebbero essere vigili nei confronti degli effetti collaterali potenzialmente letali e trattarli il prima possibile
Tali ambiguità, invece di indebolire l’intero edificio epistemologico, sono il sintomo di un sistema maturo, capace di riconoscere i propri limiti e di cercare un'evoluzione di paradigma, come descritto da Thomas Kuhn nella sua celebre teoria sullo sviluppo della scienza.
Le fasi di Kuhn in Odontoiatria
Thomas Kuhn identifica cinque fasi distinte nell’evoluzione di un paradigma scientifico. In Masticationpedia, ci focalizzeremo sulle tre più rilevanti, che meglio si adattano all’evoluzione della scienza riabilitativa masticatoria.
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Epistemologia
Epistemologia (dal greco ἐπιστήμη, epistēmē, “conoscenza certa” o “scienza”, e λόγος, logos, “discorso”) è il ramo della filosofia che studia le condizioni necessarie per acquisire conoscenze scientifiche e i metodi attraverso i quali esse vengono raggiunte.[5][5]
Il termine è stato coniato dal filosofo scozzese James Frederick Ferrier,, nel suo Institutes of Metaphysic (1854);vedi Internet Encyclopedia of Philosophy, James Frederick Ferrier (1808—1864)
In particolare, l’epistemologia analizza le fondamenta, la validità e i limiti della conoscenza scientifica. Nei paesi anglofoni, il termine "epistemologia" è spesso usato come sinonimo di teoria della conoscenza o gnoseologia.
Il problema centrale dell’epistemologia, oggi come al tempo di Hume,[6][6]
📌 David Hume, figlio dell'avvocato Joseph Home di Chirnside e di Katherine Falconer, figlia del presidente del collegio di giustizia, nacque terzogenito in un palazzo sul lato nord del Lawnmarket a Edimburgo. Pur se di origini nobili la sua famiglia non era molto ricca, e a lui venne affidata una porzione esigua del loro patrimonio. Modificò il suo cognome da Home a Hume nel 1734, per mantenere meglio la pronuncia scozzese anche in Inghilterra.[7][7]
📌 La conoscenza scientifica dovrebbe essere verificabile. Le replicazioni favoriscono la verificabilità in diversi modi. Nel modo più diretto, le replicazioni possono confermare affermazioni empiriche. La ricerca di replicazione promuove anche la diffusione delle informazioni necessarie per altri aspetti della verifica; crea conoscenza meta-scientifica su quali risultati considerare credibili anche in assenza di replicazioni; e rafforza una norma più ampia secondo cui gli scienziati devono controllare reciprocamente il proprio lavoro. è la questione della verificabilità.
Secondo il paradosso di Hempel, ogni esempio che non contraddice una teoria la conferma. Questo è espresso in logica proposizionale come:
Consideriamo la seguente affermazione: ✅ “Se una persona ha TMD, allora sperimenta dolore orofacciale. ” Possiamo rappresentare questo in logica come , dove: 🎯 rappresenta "La persona ha TMD." 🎯 rappresenta "La persona sperimenta dolore orofacciale." In questo caso, "Se una persona ha TMD, allora sperimenta dolore orofacciale" è equivalente a dire “o la persona non ha TMD (), oppure sperimenta dolore orofacciale ()”. 🧠 La formula è vera nei seguenti casi: Se la persona non ha TMD (), l'affermazione è vera, indipendentemente dal dolore orofacciale. Se la persona ha TMD () e sperimenta dolore orofacciale (), l'affermazione è vera. L'affermazione è falsa solo se la persona ha TMD () ma non sperimenta dolore orofacciale (), contraddicendo la condizione di implicazione.
Ma nessuna teoria può essere definitivamente confermata: un numero infinito di esperimenti futuri potrebbe sempre confutarla.[8][8]
📌 Una questione fondamentale nella teoria dell'inferenza statistica riguarda il modo in cui si dovrebbe misurare l’evidenza statistica. Certamente, termini come “evidenza statistica” o semplicemente “evidenza” sono largamente utilizzati nei contesti statistici. Tuttavia, è corretto affermare che una caratterizzazione precisa di questo concetto rimane alquanto sfuggente. Il nostro obiettivo qui è fornire una definizione di come misurare l’evidenza statistica in relazione a un problema statistico specifico. Poiché l’evidenza è ciò che provoca il cambiamento delle credenze, si propone di misurare l’evidenza in base all'entità del cambiamento delle credenze, dal momento a priori al momento a posteriori. 🧠 Di conseguenza, la nostra definizione implica l'esistenza di credenze preesistenti, il che solleva questioni relative alla soggettività e all'oggettività nelle analisi statistiche. Questo aspetto viene affrontato attraverso un principio che richiede la falsificabilità di ogni elemento coinvolto nell’analisi statistica. Queste considerazioni portano alla necessità di verificare eventuali conflitti tra le credenze a priori e i dati osservati, e di misurare il bias a priori presente in una distribuzione iniziale
Ma non è tutto così ovvio... |
P-value
In medicina, ci affidiamo spesso all'inferenza statistica per validare i risultati sperimentali. Uno degli strumenti più noti è il 'P-value', o valore di probabilità, un indicatore usato nei test di significatività. Il P-value rappresenta la probabilità che i risultati osservati siano dovuti al caso, assumendo vera l'ipotesi nulla . Non dovrebbe essere usato come criterio binario (ad es., ) per decisioni scientifiche, poiché valori vicini alla soglia richiedono verifiche aggiuntive, come la cross-validation. Lo P-hacking (ripetere test per ottenere significatività) aumenta i falsi positivi. Disegni sperimentali rigorosi e la trasparenza su tutti i test condotti possono mitigare questo rischio. L’errore di tipo I aumenta con i test multipli: per test indipendenti a soglia , il Family-Wise Error Rate (FWER) è . La correzione di Bonferroni divide la soglia per , , ma può aumentare i falsi negativi. La False Discovery Rate (FDR) di Benjamini-Hochberg permette più scoperte con una proporzione accettabile di falsi positivi. L’approccio bayesiano usa conoscenze precedenti per bilanciare prior e dati con una distribuzione posteriore, offrendo un’alternativa valida al P-value. Per combinare i P-value di più studi, la meta-analisi usa metodi come quello di Fisher: . 🧠 In sintesi, il p-value rimane utile se contestualizzato e integrato con altre misure, come intervalli di confidenza e approcci bayesiani.
Tuttavia, anche il P-value, per anni criterio fondamentale nella medicina basata sulle evidenze, è oggi oggetto di profonda revisione. Nel 2019, una campagna pubblicata su "Nature", firmata da oltre 800 scienziati, ha messo in discussione l’uso rigido della significatività statistica.[9][9]
📌 Nell’edizione di marzo di Nature, oltre 800 scienziati hanno sottoscritto un commento in cui si chiede il ritiro del termine “significatività statistica” [1]. Gli argomenti principali degli autori riguardano il fatto che la letteratura scientifica è piena di interpretazioni errate e potenzialmente dannose di associazioni basate su una classificazione arbitraria e binaria, fondata su un valore di p pari a 0,05. Gli autori illustrano le criticità di questo approccio, fornendo esempi concreti in cui ha portato a conclusioni errate all'interno e tra diversi studi. 🧠 Inoltre, analizzando 791 articoli pubblicati in cinque riviste accademiche, hanno rilevato che il 51% di essi ha interpretato erroneamente un risultato statisticamente non significativo come indicazione dell’assenza di un effetto. Questa "rivoluzione silenziosa" nel campo dell'inferenza statistica promuove un approccio più riflessivo, contestuale e scientificamente onesto. Tra le voci più autorevoli in questo dibattito troviamo:
- Rodgers JL – che parla di una “rivoluzione metodologica silenziosa”[10][10]
📌 Negli ultimi decenni si è verificata, quasi senza discussione, una silenziosa rivoluzione metodologica: una rivoluzione della modellizzazione. Al contrario, il XX secolo si è concluso con vivaci dibattiti sull’utilità del test di significatività dell'ipotesi nulla (NHST). Tuttavia, tale controversia potrebbe essere stata almeno in parte irrilevante, poiché in diversi modi la rivoluzione della modellizzazione ha reso superfluo il dibattito sull’NHST. Inizio presentando una storia dell’NHST e della modellizzazione, e delle relazioni tra i due. Successivamente, definisco e illustro i principi che guidano lo sviluppo e la valutazione dei modelli matematici. Segue una discussione sulla differenza tra l’uso di procedure statistiche in un quadro basato su regole e la costruzione di modelli matematici all'interno di un'epistemologia scientifica. 🧠 Nella formazione post-laurea in psicologia viene trattato con attenzione quasi esclusivamente il primo approccio, basato sulle regole. Vengono quindi descritte le implicazioni pedagogiche di questo squilibrio e la necessità di una didattica rivista per tener conto della rivoluzione della modellizzazione. Infine, si discute di come l'attenzione alla modellizzazione comporti un'evoluzione della pratica statistica in direzioni più progressiste. La base epistemologica della statistica si è spostata: da un insieme di procedure applicate in modo meccanico alla costruzione e valutazione di modelli statistici e scientifici.
- Meehl P – che suggerisce di sostituire i test di significatività con 'intervalli di confidenza' e 'predizioni numeriche verificabili'[11][11]
📌 I test di significatività hanno un ruolo nella ricerca nelle scienze sociali, ma il loro uso diffuso nella valutazione delle teorie è spesso dannoso. La causa di ciò non risiede nella matematica in sé, bensì nella scarsa comprensione, da parte degli scienziati sociali, della relazione logica tra teoria e fatti, cioè in una mancanza di chiarezza metodologica o epistemologica.🧭 Le teorie implicano osservazioni, ma non vale il contrario. Sebbene il successo di una teoria nel derivare un fatto tenda a corroborarla, questa conferma è debole a meno che il fatto non abbia una probabilità a priori molto bassa e vi siano poche teorie alternative plausibili. 🧭 Il rilevamento di una differenza o correlazione diversa da zero — come avviene respingendo l'ipotesi nulla — non ha generalmente una probabilità a priori molto bassa, poiché nelle scienze sociali praticamente tutto è correlato con tutto il resto, indipendentemente dalla teoria. 🎯 Nel "forte" utilizzo dei test di significatività, la teoria predice un valore numerico puntuale, o un intervallo molto ristretto, per cui il test pone la teoria di fronte a un serio rischio di falsificazione se essa fosse oggettivamente scorretta. In generale, è preferibile costruire un intervallo di confidenza, che fornisce informazioni più ricche e implica comunque la confutazione dell'ipotesi nulla se una differenza cade al di fuori dell'intervallo. 🧠 I test di significatività risultano di solito più giustificabili in contesti tecnologici (ad esempio nella valutazione di un intervento) piuttosto che nella valutazione di teorie. Sarebbe utile disporre di un indice quantitativo che misuri quanto accuratamente una teoria riesca a prevedere un fatto rischioso, e viene proposto un esempio di tale indice. Diversamente dalle pratiche attuali più diffuse, i manuali e i corsi di statistica dovrebbero chiarire e sottolineare il grande divario semantico (logico) che separa una teoria sostanziale (causale, composizionale) da un'ipotesi statistica.
- Sprenger & Hartmann – promotori della 'filosofia Bayesiana della scienza'[12][12]
📌 Come dovremmo ragionare nella scienza? Jan Sprenger e Stephan Hartmann offrono una visione innovativa su temi classici della filosofia della scienza, utilizzando un singolo concetto chiave per spiegare e chiarire numerosi aspetti del ragionamento scientifico. 🧭 Essi propongono che buone argomentazioni e buone inferenze siano caratterizzate dal loro effetto sui nostri gradi razionali di credenza. 🧠 Contrariamente alla visione secondo cui non vi sarebbe spazio per atteggiamenti soggettivi nella "scienza oggettiva", Sprenger e Hartmann spiegano il valore delle prove convincenti attraverso un ciclo di variazioni sul tema della rappresentazione dei gradi razionali di credenza mediante probabilità soggettive (e della loro modifica attraverso la condizionalizzazione bayesiana). In tal modo,integrano l'inferenza bayesiana — la principale teoria della razionalità nelle scienze sociali — con la pratica scientifica del XXI secolo. Bayesian Philosophy of Science mostra così come modellare tali atteggiamenti migliori la nostra comprensione delle cause, delle spiegazioni, delle prove confermative e dei modelli scientifici in generale. Il loro approccio combina una prospettiva scientificamente orientata e matematicamente raffinata con l'analisi concettuale e una particolare attenzione ai problemi metodologici della scienza moderna, specialmente nell'inferenza statistica, risultando quindi una risorsa preziosa sia per i filosofi che per i pratici della scienza.
La 'American Statistical Association' ha sostenuto questo cambiamento pubblicando un numero speciale della rivista 'The American Statistician', intitolato “Statistical Inference in the 21st Century: A World Beyond p < 0.05”.[13][13]
🧠 Alcuni di voi, esplorando questo numero speciale di The American Statistician, potrebbero chiedersi se si tratti di una ramanzina da parte di statistici pedanti intenti a farvi la morale su cosa non fare con i p-value, senza però offrire reali soluzioni al difficile problema di separare il segnale dal rumore nei dati e prendere decisioni in condizioni di incertezza. Non temete.In questo numero, grazie a 43 articoli innovativi e stimolanti scritti da statistici lungimiranti, arriva l’aiuto di cui abbiamo bisogno. Il volume propone nuove modalità di rappresentazione dell’incertezza e invita a superare la dipendenza dal P-value come unica metrica della verità scientifica.
Interdisciplinarità
Una visione superficiale potrebbe suggerire un conflitto tra la rigidità disciplinare del 'Paradigma Fisico della Scienza' Il "Paradigma Fisico della Scienza" descrive un approccio epistemologico prevalente nelle scienze fisiche, incentrato su modelli deterministici e metodologie sperimentali rigorose. Questo paradigma si basa su osservazioni empiriche e sul metodo scientifico per cercare leggi universali che governano i fenomeni naturali. Caratteristiche chiave1. Determinismo: Assume che i fenomeni naturali seguano leggi fisse, permettendo previsioni accurate basate su condizioni iniziali. 2. Misurabilità e riproducibilità: Sottolinea misurazioni quantitative ed esperimenti riproducibili per confermare risultati in diversi contesti. 3. Isolamento delle variabili: Si concentra sull'analisi di effetti specifici isolando le variabili, spesso idealizzando sistemi in condizioni controllate. Sebbene efficace nelle scienze naturali classiche, il paradigma fisico ha limitazioni in campi complessi come la neurofisiologia, dove le interazioni dinamiche e la variabilità sfidano i modelli deterministici. Applicazione nella Neurofisiologia Masticatoria: Nella neurofisiologia masticatoria, il paradigma fisico aiuta a sviluppare modelli di base, ma non riesce a spiegare i comportamenti emergenti, come il reclutamento delle unità motorie in risposta a stimoli complessi. Verso un Paradigma Integrato: Emergente è un "Paradigma Ingegneristico della Scienza", che offre un approccio più adattivo che considera la complessità, permettendo modelli predittivi più flessibili che tengono conto delle interazioni non lineari nei sistemi biologici e l’apertura sistemica del Paradigma Ingegneristico della Scienza
Il Paradigma Ingegneristico della Scienza enfatizza le applicazioni pratiche, la collaborazione interdisciplinare e la comprensione dei sistemi complessi. Contrasta con i modelli deterministici tradizionali, concentrandosi invece sulla risoluzione di problemi del mondo reale, particolarmente in campi come biologia, medicina e scienze sociali. Caratteristiche chiave Orientamento alla Risoluzione dei Problemi: Prioritizza soluzioni a questioni complesse rispetto a modelli puramente teorici. Collaborazione Interdisciplinare: Incoraggia l'integrazione della conoscenza proveniente da varie discipline, migliorando la comprensione attraverso esperienze condivise. Focus sui Sistemi Complessi: Riconosce il comportamento emergente e l'interconnettività dei componenti del sistema, riconoscendo che i risultati possono essere imprevedibili e non lineari. Processo Iterativo: Abbraccia un approccio adattivo, affinando i modelli in base ai dati empirici e al feedback per migliorare la reattività.Integrazione Tecnologica: Applica principi ingegneristici per migliorare la progettazione della ricerca e l'analisi dei dati, utilizzando simulazioni e modellazione computazionale. Applicazione nella Neurofisiologia Masticatoria Nella neurofisiologia masticatoria, questo paradigma promuove strumenti diagnostici e approcci terapeutici innovativi. Integrando neurofisiologia, biomeccanica e scienza dei materiali, fornisce una visione completa della funzione e disfunzione della mandibola. Il Paradigma Ingegneristico della Scienza promuove collaborazione e innovazione, portando infine a progressi che migliorano la nostra comprensione dei sistemi complessi e migliorano i risultati pratici in vari campi.
📘 Secondo un importante studio europeo,[14][14]
📌 Nelle politiche scientifiche è generalmente riconosciuto che la risoluzione di problemi basata sulla scienza richiede la ricerca interdisciplinare. 📌 Tuttavia, i processi epistemologici che conducono a una ricerca interdisciplinare efficace sono ancora poco compresi. 🧭 Questo articolo si propone di delineare un'epistemologia della ricerca interdisciplinare (IDR), in particolare per la risoluzione di problemi del "mondo reale". L’attenzione si concentra sulla questione del perché i ricercatori incontrino difficoltà cognitive ed epistemiche nel condurre attività interdisciplinari. Sulla base di uno studio della letteratura educativa, si conclude che l'istruzione superiore è carente di idee chiare sull'epistemologia della ricerca interdisciplinare e, di conseguenza, su come insegnarla. Si ipotizza che la scarsa attenzione filosofica verso l'epistemologia dell'IDR sia dovuta alla predominanza di un paradigma filosofico della scienza, definito "paradigma fisico della scienza", che ostacola il riconoscimento delle profonde sfide epistemologiche dell’interdisciplinarità sia nella filosofia della scienza sia nell'educazione e nella ricerca scientifica.🧠 Viene quindi proposto un paradigma filosofico alternativo, definito "paradigma ingegneristico della scienza", che comporta presupposti diversi riguardo ad aspetti come lo scopo della scienza, il carattere della conoscenza, i criteri epistemici e pragmatici per accettare la conoscenza, e il ruolo degli strumenti tecnologici. Secondo questo paradigma ingegneristico, la produzione di conoscenza per fini epistemici diventa lo scopo della scienza, e la "conoscenza" (teorie, modelli, leggi, concetti) viene interpretata come uno strumento epistemico utile per svolgere compiti conoscitivi da parte di agenti epistemici, anziché come una rappresentazione oggettiva di aspetti del mondo indipendente dalle modalità della sua costruzione. Questo implica che la conoscenza sia inevitabilmente plasmata dal modo in cui viene costruita. Inoltre, il modo in cui le diverse discipline scientifiche costruiscono la conoscenza è guidato dalle specificità della disciplina stessa, analizzabili attraverso le prospettive disciplinari. 🧠 Ne consegue che la conoscenza e i suoi usi epistemici non possono essere compresi senza almeno una certa comprensione di come essa venga costruita. Di conseguenza, i ricercatori scientifici necessitano di cosiddetti "scaffolding metacognitivi" che li assistano nell'analisi e nella ricostruzione dei processi di costruzione della conoscenza e delle differenze tra le discipline. Nel paradigma ingegneristico, questi scaffolding metacognitivi vengono interpretati anch'essi come strumenti epistemici, ma in questo caso strumenti che guidano, abilitano e limitano l'analisi e l'articolazione dei processi di produzione della conoscenza (cioè spiegano gli aspetti epistemologici del fare ricerca). Nella ricerca interdisciplinare, tali scaffolding metacognitivi assistono la comunicazione interdisciplinare, con l'obiettivo di analizzare e articolare il modo in cui ciascuna disciplina costruisce la propria conoscenza.
- l’interdisciplinarità richiede:
- strumenti metacognitivi ("scaffolds cognitivi")
- linguaggi comuni tra discipline diverse
- modelli epistemologici flessibili
Un altro studio propone un’interpretazione ingegneristica della conoscenza[15][15]
📌 Per affrontare la complessità dei sistemi biologici e tentare di generare risultati applicabili, le scienze biomediche attuali stanno adottando concetti e metodi provenienti dalle scienze ingegneristiche. I filosofi della scienza hanno interpretato questo fenomeno come l’emergere di un paradigma ingegneristico, in particolare nella biologia dei sistemi e nella biologia sintetica. Questo articolo si propone di articolare il presunto paradigma ingegneristico in contrasto con il paradigma fisico che ha sostenuto l’ascesa della biochimica e della biologia molecolare. Tale articolazione prende le mosse dalla nozione di "matrice disciplinare" di Kuhn, che indica ciò che costituisce un paradigma. Si sostiene che il nucleo del paradigma fisico risieda nelle sue presupposizioni metafisiche e ontologiche, mentre il nucleo del paradigma ingegneristico consista nell’obiettivo epistemico di produrre conoscenza utile per risolvere problemi esterni alla pratica scientifica. 🧠 Pertanto, i due paradigmi implicano nozioni distinte di conoscenza. Mentre il paradigma fisico comporta una nozione rappresentazionale della conoscenza, il paradigma ingegneristico implica la nozione di "conoscenza come strumento epistemico". nei contesti biomedici: qui la conoscenza è considerata 'uno strumento attivo' per la risoluzione di problemi clinici complessi, più che una semplice rappresentazione teorica della realtà.
🌐 Verso l’Innovazione Paradigmatica
L’intersezione tra questi due paradigmi non solo arricchisce il metodo scientifico, ma produce 'Innovazioni Paradigmatiche', cioè veri salti epistemologici.
🧬Come nota Yegane Guven ( 2017) [16][16]
📌 Negli ultimi anni, l’odontoiatria ha conosciuto un’esplosione di innovazioni scientifiche e tecnologiche che stanno trasformando profondamente sia la pratica clinica che l’educazione universitaria; realtà virtuale, nanotecnologia, ingegneria tissutale, medicina personalizzata e cellule staminali aprono nuove frontiere per diagnosi e trattamenti, mentre l’educazione integra bioscienze, bioinformatica e ICT, puntando su ricerca, problem-solving e approccio esperienziale; tra le innovazioni più promettenti: biomimetica, test salivari, rigenerazione tissutale e terapie genetiche, con l’obiettivo di spostare l’odontoiatria verso un modello rigenerativo e predittivo; accreditamento e aggiornamento dei curricula restano fondamentali per una formazione al passo coi tempi nella sua rassegna sulla medicina e odontoiatria digitali. l’innovazione nasce spesso da:
- rivoluzioni biologiche e digitali
- contaminazioni disciplinari
- visione sistemica anziché riduzionista
Questi cambiamenti non sono incrementali, ma 'paradigmatici', nel senso che modificano l’intero modo in cui pensiamo, osserviamo e trattiamo i sistemi clinici, tanto quanto la funzione masticatoria.
Malocclusione Dentale
"Malocclusione" deriva dal latino 'malum'(male) e 'occludere' (chiudere), letteralmente "chiusura sbagliata" dei denti.[17][17]
📌 Considerato il padre della moderna ortodonzia, Angle definì il primo sistema di classificazione delle malocclusioni (I Classe, II Classe, ecc.), ancora oggi in uso per descrivere l'allineamento e la relazione dei denti; semplificò la progettazione di apparecchi ortodontici, fondò la prima scuola di ortodonzia, l'Associazione Americana di Ortodonzia (poi AAO) e la prima rivista ortodontica, ed è autore dell'opera fondamentale "Treatment of Malocclusion of the Teeth" (1887). Sebbene intuitivo, il termine “malocclusione” implica un giudizio di valore (“male”) che non è sempre supportato da prove cliniche funzionali.
🧪 Una ricerca su PubMed per la parola "malocclusion" produce oltre 33.000 articoli.[18][18]
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/?term=%22malocclusion%22 Tuttavia, cercando “diagnosi interdisciplinare della malocclusione”, i risultati crollano a 245 articoli [19][19]
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/?term=interdisciplinary+diagnostics+of+malocclusions mentre se a questa richiesta si aggiunge 'Diagnosi Differenziale il risultato precipita a soli 5 soli quattro articoli.[20][20]
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/?term=interdisciplinary+diagnostics+of+malocclusions+AND+differential+diagnosis
Questi dati suggeriscono che il concetto di "malocclusione" è stato sovrautilizzato senza adeguato approfondimento funzionale. |
📌 Uno studio di Smaglyuk et al. sottolinea la necessità di un approccio diagnostico interdisciplinare, specialmente nei bambini[21][21]
📌 Introduzione: Il compito principale dell'ortodonzia moderna è creare un'occlusione equilibrata e morfologicamente stabile, in armonia con l’estetica facciale e l’adattamento funzionale. 🧭 Lo scopo dello studio è indagare la relazione tra anomalie dento-facciali e patologie somatiche.Pazienti e metodi: Materiali e metodi: È stato condotto uno studio bibliografico utilizzando i database Medline e Google Scholar. 🧭 Revisione: Il corpo umano è un sistema biologico costituito da elementi interconnessi e subordinati. Qualsiasi anomalia nel funzionamento di questo sistema può provocare un'alterazione funzionale in un singolo organo. Questo principio si applica pienamente alle anomalie e deformazioni dento-facciali, il cui sviluppo è strettamente correlato ad altre patologie. 🧠 La diagnostica, la strategia terapeutica e la prevenzione delle anomalie e deformazioni dento-facciali dovrebbero essere considerate nel contesto dell'integrità dell'organismo non ancora formato del bambino, riconoscendo l'interdipendenza tra la forma e le funzioni dei suoi organi e sistemi.
📊 Verso i “Dismorfismi Occlusali”
📎 In Masticationpedia si preferisce parlare di "Dismorfismi occlusali”, poiché:
- non tutte le occlusioni non simmetriche sono patologiche
- la funzione masticatoria può essere conservata anche in presenza di asimmetrie
- esistono adattamenti neuromuscolari che compensano le discrepanze
👉 Questo porta a una riflessione: 'è corretto trattare tutte le malocclusioni?' Non sempre.
Caso Clinico
Nel caso seguente, il paziente presenta:
- morso incrociato posteriore unilaterale
- morso aperto anteriore
Sarebbe candidato a:
- trattamento ortodontico
- chirurgia ortognatica
Tuttavia, il paziente 'rifiuta la terapia' riferendo una funzione masticatoria normale. Il dentista spiega i rischi di lungo termine, ma rispetta la decisione.
Cosa ci dice questo caso? |
📌 Che la funzione può prevalere sulla forma. Per comprenderlo, sono stati eseguiti test elettrofisiologici:
🎯 I risultati mostrano una simmetria organico-funzionale 'nonostante la malocclusione visiva', suggerendo che la funzione neuromuscolare può compensare le discrepanze morfologiche.
Dismorfismi Occlusali e non Malocclusione... che, come vedremo a breve, è un argomento completamente diverso.
Discussione
La considerazione del sistema masticatorio come un sistema complesso si avvalora ulteriormente alla luce dei recenti sviluppi in neurofisiologia applicata all’occlusione dentale. Studi condotti su modelli animali, in particolare nei ratti Sprague-Dawley, hanno dimostrato che anche minime modifiche occlusali (es. troncatura dell’incisivo mandibolare) sono in grado di indurre cambiamenti significativi nella corteccia motoria primaria del volto (face-M1), con manifestazioni evidenti di neuroplasticità funzionale e strutturale[22][22]
. 🧠 La modifica dell’occlusione dentale può influenzare le funzioni orali sensori-motorie, e non tutti i pazienti riescono ad adattarsi ai trattamenti restaurativi. Studiando ratti Sprague-Dawley, è stata osservata la neuroplasticità della corteccia motoria primaria facciale (face-M1) in risposta a ritagli ripetuti degli incisivi mandibolari, seguiti dal ripristino dei contatti occlusali. I cambiamenti, mappati con microstimolazione intracorticale (ICMS), hanno mostrato differenze significative tra gli emisferi cerebrali nella latenza e distribuzione delle aree motorie della lingua e della mandibola. Questi risultati suggeriscono che la neuroplasticità della face-M1 potrebbe essere un meccanismo adattativo per rispondere alle alterazioni dell’occlusione dentale.
Tali modificazioni corticali includono, ad esempio, la variazione della latenza di attivazione della lingua tra emisferi cerebrali, la variazione del numero di siti corticali di attivazione linguale e mandibolare, e la modifica della profondità del centro di gravità delle aree corticali coinvolte. Questi risultati suggeriscono che la perdita e il successivo ripristino dei contatti occlusali possano alterare le rappresentazioni motorie orofacciali, aprendo la strada a nuovi modelli interpretativi della funzione masticatoria basati su neuroplasticità adattativa.
Parallelamente, emerge che sia la corteccia somatosensoriale primaria (face-SI) sia la motoria (face-MI) giocano un ruolo centrale nell’integrazione sensomotoria orofacciale, partecipando non solo all'inizio e al controllo dei movimenti volontari (es. apertura mandibolare), ma anche a quelli semi-automatici come la masticazione e la deglutizione [23][23]
🧠 La corteccia somatosensoriale e motoria facciale regola i movimenti orofacciali automatici e volontari. La loro neuroplasticità permette di adattarsi o meno ai cambiamenti orali (come alterazioni dell’occlusione o protesi), influenzando il recupero delle funzioni sensori-motorie e la qualità della vita, specialmente nei pazienti con disordini neurologici o dolore orofacciale.
Queste due aree corticali, pur distinte per funzione, sono profondamente interconnesse: la face-MI riceve input continui dalla face-SI, e insieme formano il cosiddetto “face sensorimotor cortex”[24][24]
🧠 Questo articolo fornisce una panoramica dei meccanismi neurali coinvolti nelle funzioni somatosensoriali e motorie del viso e della bocca e, in misura più limitata, della faringe e della laringe. L’attenzione è rivolta in particolare alla base neurale del tatto, della temperatura e del dolore orofacciale, con un’enfasi speciale sul dolore, poiché esso è comune nella pelle, nei denti, nei muscoli, nelle articolazioni e in altri tessuti della regione orofacciale, e può provocare sofferenze a lungo termine attraverso diversi stati o sindromi dolorose. Viene inoltre posta particolare attenzione ai processi neurali che regolano i numerosi riflessi e le altre funzioni motorie dell’area orofacciale, in particolare quelli legati alla masticazione, alla deglutizione e alle funzioni neuromuscolari associate. Solo pochi dettagli sono dedicati ad altre importanti funzioni del viso e della bocca, come l’olfatto, il gusto e il linguaggio. La loro attività integrata è mediata da circuiti centrali complessi, che comprendono proiezioni cortico-bulbari dirette ai nuclei motori dei nervi cranici (in primis il nucleo del trigemino), responsabili dell’attivazione muscolare mandibolare.
La gamma e la complessità dei movimenti orofacciali richiedono circuiti neurali sofisticati che provvedano al coordinamento e al controllo di questi movimenti e alla loro integrazione con altri schemi motori come quelli associati alla respirazione e alla deambulazione. Questo capitolo è dedicato a Jim Lund, i cui numerosi studi hanno apportato importanti contributi alla nostra conoscenza del ruolo del tronco encefalico e della corteccia cerebrale nel controllo motorio orofacciale. Le nostre ricerche con microstimolazione intracorticale (ICMS), blocco freddo corticale e registrazioni di singoli neuroni hanno documentato che l'area motoria primaria (MI) del volto e l'area somatosensoriale primaria (SI) sono coinvolte nel controllo non solo dei movimenti orofacciali elementari e appresi, ma anche dei cosiddetti movimenti semiautomatici come la masticazione e la deglutizione, il cui controllo è stato ampiamente attribuito in passato a meccanismi del tronco encefalico. Studi recenti hanno inoltre documentato che la neuroplasticità della corteccia sensomotoria del volto è una caratteristica di esseri umani e animali addestrati in un nuovo comportamento motorio orale e che riflette eventi dinamici e adattivi che possono essere modellati da esperienze comportamentali significative, tra cui dolore e altre alterazioni dell'ambiente orale. Inoltre, i nostri risultati sugli effetti dirompenti del blocco a freddo della corteccia sensomotoria facciale indicano che anche l'MI e l'SI facciale sono fondamentali per l'esecuzione efficace di un'abilità motoria orofacciale una volta appresa. Studi futuri volti a dimostrare ulteriormente tali cambiamenti, ai loro meccanismi sottostanti e alla loro sequenza di comparsa nella corteccia sensomotoria facciale e nelle aree corticali associate, rappresentano passaggi cruciali per la comprensione dei processi intracorticali alla base della neuroplasticità correlata all'apprendimento e all'adattamento motorio orale. Alla luce del ruolo che gli insiemi neuronali corticali svolgono nell'esecuzione, nell'apprendimento e nell'adattamento motorio (Nicolelis e Lebedev, 2009), questi studi dovrebbero includere le proprietà e la plasticità degli insiemi neuronali in diverse aree corticali correlate, oltre a un'attenzione specifica ai singoli neuroni o alle microzone efferenti all'interno dell'MI o dell'SI facciale. Come recentemente osservato (Martin, 2009; Sessle et al., 2007, 2009), tali approcci di ricerca sono importanti anche per sviluppare strategie riabilitative migliorate per sfruttare questi meccanismi negli esseri umani che soffrono di dolore orofacciale cronico o disturbi sensomotori.
In sintesi, la neuroplasticità trigeminale emerge come la chiave per comprendere l’adattamento (o la mancata adattabilità) a modifiche occlusali. Essa deve guidare sia la diagnosi che le strategie terapeutiche, ispirando protocolli riabilitativi realmente personalizzati. I trattamenti OrthoNeuroGnathodontici e non solo, in quanto fondati su questa visione sistemica, rappresentano il modello clinico più avanzato e coerente per affrontare le sfide dell’odontoiatria moderna.Alla luce di questi dati, è evidente che le alterazioni della morfologia cranio-facciale e occlusale—tradizionalmente interpretate attraverso modelli biomeccanici statici—devono invece essere comprese in un’ottica funzionale dinamica. La valutazione clinica del paziente non può quindi prescindere da un’integrazione tra morfologia, funzione e risposta neurofisiologica. Non ogni "malocclusione" richiede trattamento, così come non ogni "occlusione ideale" garantisce benessere funzionale.
Conclusione
.🔁 Prima di concludere, è essenziale chiarire che il 'sistema masticatorio' non può essere considerato come un semplice meccanismo biomeccanico senza connetterlo ad un sistema di controllo neurofisiologico che sostanzialmente determina un 'Sistema Complesso'. [26][26]
📌 Un sistema complesso è un sistema dinamico a multicomponenti, ovvero composto da diversi sottosistemi che tipicamente interagiscono tra loro in modo interdipendente, descrivibili analiticamente tramite modelli matematici. Questo tipo di sistema viene studiato nell'ambito della teoria della complessità.Si rende tipicamente necessario un approccio globale, in quanto non è possibile risolvere analiticamente tutti i componenti con le loro interazioni, mentre è utile affidarsi a complesse simulazioni al calcolatore per valutare/analizzare il comportamento dinamico di ciascun componente così come le reciproche interazioni, le quali possono essere descritte in maniera semplice ovvero lineare oppure non lineare (vedi sistema dinamico).Tipici dei sistemi complessi sono i concetti di autorganizzazione e comportamento emergente. L'assunzione di sistema complesso abbraccia dunque la maggior parte dei sistemi fisici reali a molte componenti, rispetto ai sistemi ritenuti "semplici", più tipici della fisica classica.
🧩 Questo implica che elementi come:
- occlusione dentale
- articolazione temporomandibolare
- recettori parodontali
- fusi neuromuscolari
- sistema nervoso trigeminale centrale
non agiscono isolatamente, segmentando il sistema biologico in biomeccanico e neurofisiologico ma in 'sinergia', producendo un "Comportamento Emergente". Il **periodo silente masseterino** (MSP) è un esempio rilevante di comportamento emergente nella neurofisiologia masticatoria. Questo riflesso viene attivato da colpi improvvisi al mento, portando a una breve cessazione dell'attività elettrica nel muscolo massetere, ed è strettamente correlato al reclutamento delle unità motorie. Durante l'MSP, c'è una specifica modulazione del reclutamento delle unità motorie, regolata dal sistema nervoso centrale, per rispondere agli stimoli esterni. Nel contesto del comportamento emergente, questo riflesso non è limitato a un singolo muscolo, ma rappresenta una risposta coordinata che coinvolge sinergie tra vari centri neuronali e muscoli antagonisti. Matematicamente, possiamo descrivere la probabilità di una risposta emergente come funzione delle variabili in ingresso che influenzano l'attivazione delle unità motorie: dove rappresenta l'interazione non lineare tra gli stimoli in arrivo (come il tipo e l'intensità del colpo al mento) e i processi di integrazione centrale del sistema trigeminale. Questo modello aiuta a comprendere come l'MSP rifletta una risposta integrata e adattativa che emerge da circuiti neurofisiologici complessi piuttosto che da un singolo percorso neurale.
📚 Un'importante sintesi concettuale è rappresentata dall’opera di 'Kazem Sadegh-Zadeh', "Handbook of Analytic Philosophy of Medicine", che descrive la medicina come scienza sistemica.[27][27]
📌 La pratica medica è moralità praticata e la ricerca clinica appartiene all'etica normativa. Il presente libro chiarisce e sviluppa questa tesi: 1. analizzando la struttura del linguaggio, della conoscenza e delle teorie mediche; 2. indagando i fondamenti dell'incontro clinico; 3. introducendo la logica e la metodologia del processo decisionale clinico; 4. suggerendo teorie complete su organismo, vita e psiche; su salute, malattia e patologia; su eziologia, diagnosi, prognosi, prevenzione e terapia; e 5. indagando le questioni morali e metafisiche centrali nella pratica e nella ricerca medica.
🧠 Gli elementi del sistema masticatorio sono coerenti con l’attività del sistema nervoso trigeminale centrale, come evidenziato nei test elettrofisiologici. Questo rafforza l’idea che la "Malocclusione" sia una 'categoria euristica insufficiente': il termine corretto è "Dismorfismo Occlusale".
🏁 In questo contesto, i trattamenti 'OrthoNeuroGnathodontici' emergono come paradigmatici: integrano estetica, funzione e neuroscienze per raggiungere:
- stabilità occlusale
- prevenzione delle recidive
- resilienza funzionale
📖 Studi recenti confermano l'importanza della stabilità post-terapia:[28][28]
📌 Confrontare la stabilità scheletrica post-chirurgica tra la rotazione antioraria (CCWR) del complesso maxillo-mandibolare (MMC) e la rotazione oraria (CWR) del MMC per la correzione delle deformità dento-facciali. Materiali e metodi: Per raggiungere lo scopo dello studio, abbiamo progettato e implementato una revisione sistematica con meta-analisi basata sulle linee guida PRISMA (Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Meta-Analyses). È stata sviluppata una strategia di ricerca e condotta una ricerca nei principali database – PubMed, Embase e Cochrane Central Register of Controlled Trials (CENTRAL) – per trovare tutti gli articoli pertinenti pubblicati dall'inizio fino a marzo 2016. I criteri di inclusione erano studi clinici randomizzati controllati, studi clinici controllati, studi retrospettivi e serie di casi, con l'obiettivo di confrontare la stabilità post-chirurgica della CCWR e della CWR del MMC. 🧪 L'analisi è stata eseguita utilizzando l'analisi cefalometrica laterale dei valori medi post-operatori e la correlazione tra le variazioni chirurgiche e post-operatorie dell'angolo del piano occlusale e le variazioni lineari nei punti A e B. È stata eseguita un'analisi della differenza media ponderata utilizzando un modello a effetti casuali con intervalli di confidenza al 95%.Risultati: Un totale di 133 pazienti sono stati arruolati da 3 studi (CCWR, n = 83; CWR, n = 50). 🧪 Tutti gli studi inclusi presentavano un rischio moderato di bias. 🧠 Vi è stata una differenza statisticamente significativa tra CCWR e CWR della MMC nelle variazioni post-operatorie dell'angolo del piano occlusale (P = 0,034), ma non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa nella correlazione tra le variazioni chirurgiche e post-operatorie dell'angolo del piano occlusale nei 2 gruppi. Non è stata rilevata alcuna differenza statisticamente significativa tra CCWR e CWR dell'MMC per quanto riguarda la stabilità tra le valutazioni immediatamente successive all'intervento chirurgico e al follow-up più lungo, relativamente alle posizioni verticale e orizzontale nei punti A e B (P > 0,05). Conclusione:Lo CCWR, rispetto a CWR, per la correzione delle deformità dentofacciali in assenza di patologie preesistenti dell'articolazione temporo-mandibolare, risulta scheletricamente stabile rispetto alle alterazioni post-chirurgiche del piano occlusale, nonché alle alterazioni verticali e orizzontali di mascella e mandibola[29][29]
📌 La stabilità dell'osteotomia sagittale bilaterale (BSSO) è un obiettivo importante per ogni chirurgo. Nell'articolo vengono esaminati i fattori che influenzano la stabilità del risultato chirurgico. Particolare enfasi viene data ai diversi tipi di fissazione dei frammenti ossei. Vengono discussi i loro vantaggi e svantaggi nell'uso clinico. 🧠 La recidiva dopo BSSO è generalmente classificata come precoce e a lungo termine. La recidiva precoce è solitamente causata da movimenti nel sito dell'osteotomia o da cedimento dell'articolazione temporo-mandibolare e dovrebbe essere definita dislocazione chirurgica. La recidiva a lungo termine si verifica a causa del progressivo riassorbimento condilare dell'articolazione temporo-mandibolare, che causa una perdita di altezza del ramo condilare e mandibolare. Sono stati descritti quattro diversi tipi di fissazione in chirurgia ortognatica: fissazione intermascellare rigida, osteosutura, osteosintesi e fissazione con materiali biodegradabili.
Cosa intendiamo per “Sistemi Complessi” quando parliamo di funzioni masticatorie?
📌 Premessa epistemologica: il linguaggio prima dei sistemi complessi
In particolare, la struttura epistemica del linguaggio medico presenta ambiguità concettuali profonde: concetti come malattia, normalità, funzione e adattamento sono spesso assunti come invarianti, pur essendo storicamente e culturalmente determinati.Prima ancora di affrontare la definizione di sistemi complessi in medicina, è necessario riconsiderare il modo in cui utilizziamo e interpretiamo il linguaggio medico, tanto sul piano semantico quanto su quello formale.
Come sottolinea Kazem Sadegh-Zadeh nella sua monumentale opera Handbook of Analytic Philosophy of Medicine, il linguaggio della medicina è intrinsecamente fuzzy: molte delle sue definizioni operano su categorie graduali e non binarie, dove l'imprecisione semantica non è un limite, ma una componente strutturale del sapere clinico.[30][30]
🧠 La pratica medica è moralità praticata e la ricerca clinica appartiene all'etica normativa. Il presente libro chiarisce e sviluppa questa tesi: 1. analizzando la struttura del linguaggio, della conoscenza e delle teorie mediche; 2. indagando i fondamenti dell'incontro clinico; 3. introducendo la logica e la metodologia del processo decisionale clinico; 4. suggerendo teorie complete su organismo, vita e psiche; su salute, malattia e patologia; su eziologia, diagnosi, prognosi, prevenzione e terapia; e 5. indagando le questioni morali e metafisiche centrali nella pratica e nella ricerca medica.
Analogamente, Eric Cassell ha mostrato che il concetto di malattia non può essere ridotto né a una disfunzione biologica né a una mera deviazione statistica: è piuttosto il risultato di una negoziazione semantica tra paziente, clinico e contesto culturale.[31][31]
🧠 La questione della sofferenza e la sua relazione con le malattie organiche sono state raramente affrontate nella letteratura medica. Questo articolo offre una descrizione della natura e delle cause della sofferenza nei pazienti sottoposti a trattamento medico. Viene fatta una distinzione, basata su osservazioni cliniche, tra sofferenza e disagio fisico. La sofferenza è sperimentata dalle persone, non solo dai corpi, e ha origine da sfide che minacciano l'integrità della persona come entità sociale e psicologica complessa. La sofferenza può includere il dolore fisico, ma non si limita a esso. Il sollievo dalla sofferenza e la cura della malattia devono essere considerati come due doveri complementari di una professione medica che si dedica veramente alla cura del malato. L'incapacità dei medici di comprendere la natura della sofferenza può portare a un intervento medico che (sebbene tecnicamente adeguato) non solo non riesce ad alleviare la sofferenza, ma diventa esso stesso fonte di sofferenza
Infine, il modello biopsicosociale di George Engel propone di interpretare ogni evento clinico all’interno di una rete multilivello di significati—biologici, psicologici, sociali e semantici—anticipando quella visione sistemica e complessa oggi al centro della medicina contemporanea.[32][32]
Il modello dominante di malattia oggi è biomedico e non lascia spazio alle dimensioni sociali, psicologiche e comportamentali della malattia. Viene proposto un modello biopsicosociale che fornisce un modello per la ricerca, un quadro di riferimento per la didattica e un modello di intervento nel mondo reale dell'assistenza sanitaria.
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